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 Gaius Valerius Catullus     
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Carmen 67
In   by  Mario Ramous.
Salute a te, porta,
cos’ cara a un buon marito,
a un padre:
ti benedica Giove.
Si dice che un tempo
tu abbia servito onestamente
il vecchio Balbo
finchÈ visse in questa casa,
ma anche che tu abbia poi
disonorato questa fede,
quando, stecchito il vecchio,
hai stretto un altro vincolo.
Avanti, dimmi tutto.
Tu sei cambiata:
dov'è finita
la tua proverbiale fedeltá
al padrone?
La colpa non è mia,
anche se dicono cos’
(mi perdoni Cecilio
a cui ora appartengo).
Nessuno pu˜ dire
che io abbia sulla coscienza
qualche peccato.
Ma per certa gente
è sempre la porta
la causa di tutto
e qualunque malefatta si scopra
tutti mi gridano:
'porta, la colpa è tua'.
Non basta dirlo:
è una parola.
Dovresti fare in modo
che ognuno se ne rendesse conto.
E come?
Non gliene frega a nessuno
di saperlo.
Ma a me s’:
avanti, dimmi come stanno le cose.
Primo: se dicono che quella
mi è stata affidata vergine,
è falso.
Non pu˜ certo averla toccata
per primo il marito
con quel cosino pendente,
più moscio di una bietola lessa,
che non ha mai sollevato
di tanto la sua tunica.
Sembra piuttosto
che sia stato il padre
a violare il letto del figlio,
disonorando
quella gente disgraziata.
Forse una passione insana
ardeva nel suo cuore sciagurato
o forse l'impotenza,
che rendeva sterile il figlio,
l'indusse a credere
che fosse necessario un piolo
capace di sciogliere
il nodo della vergine.
Un padre straordinario,
mi dici,
di una bontá cos’ incredibile
da bagnare lui stesso
l'orto del figliolo.
Non è tutto.
Sembra che sotto il castello chineo,
a Brescia,
attraversata pigramente
dalle acque gialle del Mella,
a Brescia,
l'amata madre della mia Verona,
si sappia ben altro;
di Postumio,
della passione di Cornelio,
coi quali, si mormora,
lei avrebbe consumato
infami adulteri.
'E tu come lo sai?'
si dirá.
'Una porta non pu˜ staccarsi
dalla soglia del padrone,
nÈ origliare ci˜ che dice la gente;
infissa nell'architrave
non fa altro
che aprire o chiudere la casa.'
Lo so, perchÈ l'ho sentita parlare
a bassa voce, in un canto
con le sue servette
di queste vergogne,
e faceva i nomi
di quelli che ho detto,
convinta che non avessi
nÈ orecchie nÈ lingua.
Ed anche di un altro,
del quale non faccio il nome,
perchÈ non aggrotti
le sue rosse sopracciglia.
è un tipo alto,
che un tempo ha sub’to
un processo famoso
per il figlio inventato
da una falsa gestante.
In   by  Catullus.
O dulci iucunda uiro, iucunda parenti,
salue, teque bona Iuppiter auctet ope,
ianua, quam Balbo dicunt seruisse benigne
olim, cum sedes ipse senex tenuit,
quamque ferunt rursus gnato seruisse maligne,
postquam es porrecto facta marita sene.
dic agedum nobis, quare mutata feraris
in dominum ueterem deseruisse fidem.
'Non (ita Caecilio placeam, cui tradita nunc sum)
culpa mea est, quamquam dicitur esse mea,
nec peccatum a me quisquam pote dicere quicquam:
uerum istius populi ianua qui te facit,
qui quacumque aliquid reperitur non bene factum
ad me omnes clamant: ianua, culpa tua est.'
Non istuc satis est uno te dicere uerbo.
sed facere ut quiuis sentiat et uideat.
'Qui possum? nemo quaerit nec scire laborat?'
Nos uolumus: nobis dicere ne dubita.
'Primum igitur, uirgo quod fertur tradita nobis,
falsum est. non illam uir prior attigerit,
languidior tenera cui pendens sicula beta.
numquam se mediam sustulit ad tunicam;
sed pater illius gnati uiolasse cubile
dicitur et miseram conscelerasse domum,
siue quod impia mens caeco flagrabat amore,
seu quod iners sterili semine natus erat,
ut quaerendum unde foret neruosius illud,
quod posset zonam soluere uirgineam.'
Egregium narras mira pietate parentem.
qui ipse sui gnati minxerit in gremium.
Atqui non solum hoc dicit se cognitum habere
Brixia Cycneae supposita speculae,
flauus quam molli praecurrit flumine Mella,
Brixia Veronae mater amata meae,
sed de Postumio et Corneli narrat amore,
cum quibus illa malum fecit adulterium.
dixerit hic aliquis: quid? tu istaec, ianua, nosti,
cui numquam domini limine abesse licet,
nec populum auscultare, sed hic suffixa tigillo
tantum operire soles aut aperire domum?
saepe illam audiui furtiua uoce loquentem
solam cum ancillis haec sua flagitia,
nomine dicentem quos diximus, utpote quae mi
speraret nec linguam esse nec auriculam.
praeterea addebat quendam, quem dicere nolo
nomine, ne tollat rubra supercilia.
longus homo est, magnas cui lites intulit olim
falsum mendaci uentre puerperium.'
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